Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini
Camminare sulle macerie di un’esistenza perduta all’interno delle mura di un manicomio è come farlo su centinaia di spilli che trafiggono i piedi.
Tutto intorno c’è vita: lo dice il sole che con i suoi raggi penetra nelle stanze abbracciando tutta quanta la tristezza che c’è, lo dice l’edera che cresce dura e si aggrappa alle pareti, invade gli spazi senza avere paura di trafiggersi con i tanti vetri taglienti.
C’è chi sostiene che ci sia del macabro a volere a tutti i costi invadere uno spazio racchiuso fra le mura pericolanti di quello che fu uno dei manicomi più importanti della Brianza.
C’è chi, invece, in seguito all’abbandono ha trovato riparo, chi ha usato i vecchi e ammuffiti materassi per attutire la durezza di una vita fatta ai margini delle strade.
Mi sono documentata prima di varcare le soglie di questo mondo spettrale, l’ho fatto per non lasciarmi sorprendere, per conoscere e potere capire meglio perché.
Decine e decine di cartelle giacciono sui pavimenti, alcune bruciate altre intatte. Il vento gira le pagine di una storia clinica depositata anni fa.
Le sedie sono rimaste nella stessa posizione di allora; ai bordi di una scrivania sbeccata e di una carcassa di un computer in attesa che qualcuno se ne serva.
Da qui sono passati molti writers; alcuni davvero ispirati, altri meno. Hanno lasciato parlare la loro arte o semplicemente hanno buttato colore sulle pareti scrostate. Ma i muri marci non possono essere coperti.
L’eco dei 3000 abitanti dell’ex ospedale psichiatrico Giuseppe Antonini risuona esattamente dal 13 maggio 1978, data in cui la Legge Basaglia liberò i manicomi italiani dai loro inquilini.
Da allora gli edifici caddero in disuso e l’immenso patrimonio artistico risalente al 1872, spartito fra l’Azienda Ospedaliera Guido Salvini, l’Asl e la Provincia di Monza-Brianza subì le lunghezze della burocrazia trasformandolo nel luogo fantasma che è oggi, dichiarato inagibile ma non a tal punto da evitare l’arrivo di curiosi, appassionati fotografi e ghost hunter in cerca di mistero.
È così assordante il silenzio, interrotto solo dallo scricchiolio dei passi dei tanti ospiti, che non rimane che proseguire la visita, fermare le immagini prima che i vandali completino il loro lavoro, tornare a casa e raccontare.
Così ho deciso di fare.
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
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Il mio blog nasce dalla paura di viaggiare, ve l'ho mai detto?! Ecco cosa posso fare per te
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