Turchia
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Istanbul durante il Gay Pride

Istanbul durante il Gay Pride

Istanbul durante il Gay Pride

Tre giorni ad Istanbul per il nostro primo anniversario di matrimonio.
Una città che sogno da molto, che ho sempre idealizzato attraverso immagini da cartolina che ti sbattono in faccia la bellezza di Moschee da favola incorniciate da tramonti rosa e gabbiani che danzano in cielo.
Istanbul nel mio immaginario era poesia pura, una città privilegiata per il fatto di poter godere della magia dell’Oriente pur restando attaccati alle abitudini tipicamente occidentali.
Uno skyline senza eguali che può vantare la morbidezza e sinuosità dei minareti affianco all’opulenza dei grattacieli.
Il tutto adagiato sulle sponde del Bosforo, con le sue acque che variano fra l’oro e l’argento in base ai giochi di luce.
E tutto questo, a Istanbul, c’è davvero… Vi racconterò presto le mie sensazioni e vi darò i miei suggerimenti sebbene sia stato solo un week-end e non sia stato assolutamente abbastanza.

Inizio di tramonto ad Istanbul

Inizio di tramonto ad Istanbul

La Istanbul che però ho vissuto, mio malgrado, mi ha lasciato un segno più profondo e mille volte più significativo del tramonto di cui parlavo poco fa.
È l’Istanbul che non fatichi a vedere fra i vicoli di Sultanahmet, se si fa attenzione, perché qui la percentuale di omosessuali che girano in coppia mano per mano è altissima (almeno ora, in relazione all’evento del gay pride), cosa che non può che contrastare nettamente con le immagini delle donne integraliste velate che percorrono le strade a passi silenziosi quasi a volersi rendere invisibili.
Istanbul durante il Gay Pride è lo specchio di una complessa realtà politica e sociale che viene a galla al di là dei venditori che ti propinano souvenir in una Sultanahmet fatta di ologrammi.istanbul famiglia

La nostra esperienza con il Gay Pride è andata più o meno così

Stiamo accoccolati sulle sponde asiatiche a goderci il tramonto, mangiando semini salati e bevendo çhai bollente, lo facciamo fino a dopo le ventuno poi corriamo veloci verso il battello che ci riporterà in occidente. Ci facciamo largo fra la folla di gente che rompe il Ramadan e si ritrova insieme a mangiare come in un’enorme sagra di paese (bello, un caos incredibile per rituale interessante di cui vi parlerò).
Arriviamo ad una delle estremità del Ponte Galata e scegliamo il Tünel che arriva diretto in zona Taksim. Il Tünel è una funicolare che collega in due la città tagliata dal Corno d’Oro, desideriamo provarla fin dalla mattina e quindi ne approfittiamo.

Tunel, Istanbul

Tunel, Istanbul

Saliamo in tempo prima che le porte si chiudano (ricordate sliding doors?!) e iniziamo il percorso sotterraneo che durerà si e no cinque minuti.
Stazione di Beyoğlu, sono da poco passate le 22 e noi siamo di fretta, dobbiamo rientrare in albergo, lavarci e uscire a cena; ma tanto qui ad Istanbul gli orari sono dilatati.
Scendiamo per primi dalla vettura e subito un odore intenso di bruciato ci travolge. Penso ai freni della funicolare, mi giro di scatto per schivare la nube bianca che vedo arrivare con la coda degli occhi e da lì a poco mi si annebbiano i sensi: non riesco a tenere gli occhi aperti anche se vorrei vedere cosa capita al resto dell gente, perdo Valerio fra la folla composta da una ventina di persone in stato confusionale.
Brucia, brucia tutto: occhi, naso e gola. Di un bruciore che ti attanaglia e non ti lascia scampo. Non riesco a respirare e la cosa peggiore è che non ho idea di cosa stia succedendo.
Ho giusto la lucidità di pensare al peggio dopo gli avvenimenti terroristici del giorno prima*, mi impanico e non poco. D’altronde, come scoprirò poi documentandomi, i lacrimogeni sono creati appositamente per mandare in stato confusionale le persone.
Veniamo spinti dentro il vagone per cercare di scappare da quell’orrendo bruciore e le porte vengono chiuse, mi accorgo che anche Valerio è con me. Fa un caldo soffocante e il respiro continua a mancare. Tutt’intorno le persone lacrimano, le poche donne che erano con me hanno il trucco colato e lo sguardo terrorizzato, mi rifletto nei loro occhi come in uno specchio dell’anima e provo solidarietà per tutti coloro che sono capitati con me e che condividono assieme questa brutta situazione.
La gente parla in turco e noi non capiamo cosa stia succedendo anche se io avrei tanta voglia di chiedere, di sapere.

Da fuori, altre persone battono insistentemente sulle porte della funicolare per entrare, soffrono gli effetti di quella strana sostanza e vorrebbero scappare, ma non facendocela preferirebbero entrare in trappola con noi. Potete capire?!
Mi sembra di essere stata catapultata in uno di quei film americani ad alto tasso di tensione, quelli che guardo comodamente sul divano con i miei cani accoccolati sulle gambe.
I miei cani, voglio i miei cani.

Da spettatrice a protagonista, non so dirvi quante cose mi siano passate per la mente, sicuramente molte perché per una persona claustrofobica che ha sofferto di panico come me, rimanere tranquilla in una situazione del genere non è ovvio.
Subire tutto questo, credetemi non esagero, senza sapere quale sia la causa, credo sia una delle torture mentali peggiori che possano capitare. Avere anche solo poche, confuse facoltà di intendere e volere porta la gente a cercare di salvarsi come meglio possa fare.
Ho visto con i miei occhi, seppur lacrimanti, come si crea il panico, mi sono sentita come un animale in gabbia completamente impotente di fronte alla gravità della situazione.
Non sto parlando di un reale pericolo, a posteriori so che non abbiamo corso particolari rischi, ma della potenza della paura quando non si sa cosa ci spetta.

Solo dopo alcuni (lunghissimi) minuti ci hanno riferito che la nostra condizione era dovuta al lancio di lacrimogeni da parte della polizia per fermare il corteo del Gay Pride che si stava tenendo legalmente ad Istanbul come in altre città del mondo.

Ovviamente dopo il panico è subentrata la rabbia forte, schiacciante nei confronti di tanta ignoranza. Ma non ho voglia di dire qui come la penso, aprirei una voragine ancora più ampia.

Dopo tutto questo caos siamo rientrati in albergo ancora confusi, mi sono guardata allo specchio: il nero del mascara mi rigava ancora le guance e i nervi del collo erano tesi, piano piano si stavano lasciando andare.

Non siamo rimasti in albergo però: abbiamo preferito uscire di nuovo per mangiare qualcosa e confrontarci ancora una volta con quella realtà che stavamo avendo la “fortuna” di toccare con mano.
Per le strade la gente inneggiava alla libertà, tutti ragazzi giovanissimi che avevano deciso di esporsi nonostante la rigidità di un sistema complesso come questo.

Istanbul durante il gay pride

Istanbul durante il gay pride

Musica, canti, urla e anche qualche bottiglia rotta per gli angoli delle strade, ma niente di più.
I fumogeni non sono serviti per fermare la violenza fisica, bensì per soffocare la libertà di esprimere ideali e diritti diversi da quelli della maggioranza, diritti considerati inconcepibili.
Violenza (della polizia) per fermare l’oltraggio. Questo è quello che ho visto (che ho provato in prima persona) e che intendo riportare.

Prima di venire ad Istanbul pensavo a lei come una città estremamente contrapposta ma mai avrei immaginato di trovarmi così vicina a due spaccati di vita talmente marcati: la diversità sociale, ideologica, economica, religiosa e di costume.

Alla fine Istanbul, volente o dolente mi è rimasta nel cuore e se qualcuno mi chiede come definirei la città, io rispondo: “da lacrime”.
Perdonate l’ironia ma non potrei davvero pensare di chiudere diversamente un articolo di questo genere che già di per sé lascia aperti tanti quesiti che un week-end come l’avevo previsto inizialmente non può assolutamente pensare di risolvere.

*26 giugno 2015: Francia, Tunisia e Kuwait nel mirino dei terroristi con oltre 50 vittime.

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Scritto da Stefania Pozzi

Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it

Ci sono 5 commenti

  • […] nonostante sapessimo entrambi che festeggiarlo, l’anno precedente, ci aveva già procurato tocchi di sfiga a tratti. Pensavamo di aver già dato tutto, e […]

  • Manuela scrive:

    Aspettavo questo post.
    Sia come preview per il prossimo mese, sia per leggere le tue sensazioni dopo aver in parte metabolizzato quella matassa di pensieri che ti ha attanagliato durante il viaggio.
    Assurda la nostra fragilità, soprattutto all’estero. In viaggio ci sentiamo invincibili e quando poi accadono “incidenti” come questo la bolla che sembra avvolgerci – puf – si scoppia.
    In un periodo di tensione come quello che stiamo vivendo tutto questo è amplificato, basta un niente per sentirci in pericolo, soprattutto in Paesi complessi come la Turchia.
    Uno dei tuoi post più belli e personali, come ci piacciono tanto!
    Aspetto di abbracciarti! :)

    • Stefania Pozzi scrive:

      Hai saputo interpretare bene i miei pensieri. Vera questa cosa del sentirci invincibili in viaggio ma poi basta un niente per crollare. Posso dirti solo di goderti tutta e quanta Istanbul perché è una città davvero magica e pulsante. Fa fatica a venire via di dosso… insomma! Per gli abbracci manca poco :*

  • Che esperienza da panico Ste!
    Avrei voluto abbracciarti forte forte quando ce l’hai raccontata quasi in diretta…e ora ti mando un immenso abbraccio luminoso^^

    • Stefania Pozzi scrive:

      Saretta avrei voluto avere te e Lucy per riuscire a respirare meglio con la pancia… visto che con il naso non riuscivo ^_^
      L’abbraccio luminoso me lo becco tutto e spero di riuscire ad abbronzarmi anche un po’ (che ora come ora sembro un po’ un cadaverino) :*

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