Per me la religione non è niente altro che una complessa espressione dell’uomo, delle sue paure prima di tutto e del suo bisogno di aggrapparsi a qualcosa di più grande, di necessario per vivere la propria vita inseguendo un decalogo di valori che si tramandano di generazioni in generazioni, perdendo qualche pezzo qua e là. Qualcosa di profondamente umano ed errante.
Non fraintendetemi, nutro un profondo rispetto per chi ha il coraggio e la costanza di inseguire la propria fede.
La religione è come uno specchio che riflette le culture e credenze dei popoli e che, appunto, assomiglia in tutto e per tutto agli uomini di una determinata società.
Non ho mai visto un popolo che si adatta e si plasma a diverse forme religiose così come lo Sri Lanka.
In Sri Lanka, grazie ad un solo viaggio in pullman della durata di due ore circa, ho potuto assistere alle più disparate mescolanze religiose e culturali. Si passa dai magnifici templi indù, decorati e dai colori cangianti, ai Buddha dorati e giganti che fieri ergono sulle cime delle montagne, al richiamo del Muezzin che risuona malinconico per le strade polverose delle città affollate, fino alle luci dei neon delle croci che segnalano la presenza di una chiesa anche dopo il tramonto.
Camminando per strada, l’odore dell’incenso utilizzato per le offerte al Buddha si sparge grazie al passo delle donne velate dal burqa che si dirigono verso la moschea.
Un tuk tuk sfreccia mostrando adesivi e santini in segno di devozione a Shiva.
Ci saliamo, conosciamo Moses, quest’ometto giovane e tarchiatello che ci racconta di avere una moglie Buddhista e una figlia che frequenta una scuola Cristiana.
È sereno, sorride mentre ci racconta pezzi di vita.
La mattina ci passa a prendere per l’escursione giornaliera, indossa la sua camicia migliore, inamidata e candida, nonostante sia consapevole che il caldo cocente non sarà gentile con lui. Ci tiene a fare una buona impressione.
Ci accompagna per le verdi foreste con il suo tuk tuk, sensibile ad ogni richiamo della sua terra, intento a farci captare ogni presenza di fauna locale. Ci mostra con orgoglio prima un Buddha inghiottito dalla giungla e poi una chiesetta cristiana ai margini della scuola della sua piccola figlia. Ci entriamo, lui ci segue con profondo rispetto a capo chino.
Già prima di partire ero rimasta sorpresa da questo luogo sacro, simbolo impareggiabile di eguaglianza religiosa. L’Adam’s peak è un bellissimo monte che raggiunge i 2.243 m s.l.m, la cui ascesa richiama ogni anno pellegrini da ogni parte del mondo. Il suo nome cambia da Paese a Paese: Sri Pada (ovvero piede sacro), in singalese Samanalakanda, montagna delle farfalle, in tamil Sivanolipatha Malai, in inglese Adam’s Peak, conosciuto anche come Picco di Adamo.
Il monte Sri Pada è luogo di pellegrinaggio per buddisti, induisti, musulmani e cristiani.
Sulla vetta si trova un monastero all’interno del quale si può osservare una grande impronta di piede, lunga 1,8 metri, venerata come impronta di Buddha da parte dei buddisti. Gli induisti la considerano l’impronta di Shiva Adipadham, i musulmani e cristiani vi vedono l’impronta di Adamo.
Rimango sorpresa da questo aspetto che mi farà ricordare lo Sri Lanka come uno dei paesi più civili e rispettosi della religione altrui che io abbia mai visitato.
Un paese per certi versi povero ma ricco dal punto di vista della libertà di professare la propria religione, in un clima di grande ed espressivo caos.
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
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Ci sono 2 commenti
Molto bello e chiaro questo post Stefy, l’Adams peak sembra finto, surreale!
Grazie Marika! A prescindere dalla religione, è stato soprattutto il rispetto ad avermi colpito!
La tua opinione contribuisce alla ricchezza del mio blog!
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