È quello che hai aspettato intrepida, che ti ha regalato un po’ di ossigeno durante i pomeriggi caldi di lavoro a torturare i tasti di un pc su cui avresti potuto cuocere una frittata. O meglio, è l’idea che avevi di lui.
Non parlo di un uomo, bensì di un week-end, quello su cui ultimamente, dato che le ferie te le sei già praticamente bruciate, avevi puntato tutto.
Informazione di servizio: sto pensando di aprire una nuova rubrica sul blog e intitolarla “sfighe a caso”, sarebbe sicuramente utile a tutti voi e vi farebbe sentire meglio. Una rubrica socialmente utile e che non conoscerebbe crisi, almeno per quanto riguarda la sottoscritta.
Era il regalo di anniversario, nonostante sapessimo entrambi che festeggiarlo, l’anno precedente, ci aveva già procurato tocchi di sfiga a tratti. Pensavamo di aver già dato tutto, e invece.
Quest’anno, deciso: si resta in Italia. Si prendono armi e bagagli (e cani, quelli che vedete nella foto sopra), ci si infila in macchina e si parte per tre giorni dedicati al totale relax. Direzione Trentino Alto Adige, Lago di Tovel. Sole, aria fresca, posti da wow e cibo da scordarsi le gallette rinsecchite della dieta del lunedìepoibasta e la solita schiscia da ufficio*.
Ho googlato Lago di Tovel e mi è venuto fuori questo: È stato anche chiamato lago degli orsi perché sono presenti alcuni orsi bruni nella valle, e lago rosso per il fenomeno dell’arrossamento delle sue acque, che avveniva fino al 1964 per azione di un’alga (Tovellia sanguinea)
Mi è bastato wikipedia per sentirmi già un po’ là.
Ma la realtà, a volte, è crudele.
Non è che la iella abbia tardato poi tanto, dato che neanche ci ha fatti arrivare che, con un panino wurstel e crauti ancora piantato sullo stomaco, ha posato la sua mano delicata sulla nostra macchina che è letteralmente morta.
Ci sono voluti i cavi del paninaro per farla riprendere, ma giusto per tirare le cuoia una volta arrivati allo chalet. Momento di disperazione rotto dall’incanto del posto, davvero ammirevole.
Tiro fuori il telefono in preda alla smania di snapchattare questo paradiso ma… niente tacche, neanche mezza. Ricordatevelo questo dettaglio, “nessun servizio”.
Alla macchina ci penseremo poi, sistemiamoci che fra un po’ ci si vede con un’amica che abita nelle vicinanze per una passeggiata intorno al lago.
Baci, abbracci, fra momenti amarcord e come ti va la vita.
Passeggiamo beatamente fino a che uno dei miei cani (quello più lungo che alto, la bassotta che vedete in foto) comincia a scalciare con una gamba in maniera convulsa. Va avanti più di un’ora e non sembra avere pace, iniziamo a preoccuparci.
Chiediamo il numero di una clinica veterinaria, vicina a quel paradisiaco nulla dove siamo capitati di proposito. Non possiamo chiamare, nessun servizio.
Scendiamo in reception per chiedere di poter fare una chiamata sul fisso. Squilla, rispondono. Il veterinario: “Signora, senza vedere il cane non posso dirle più di tanto”.
Io, che già mi immagino proprietaria di un quattro zampe che si trascina grazie ad un carrellino.
Lui, che è un tantino meno drastico ma che mai oserebbe contraddirmi in un momento del genere.
Dovremmo andare ma la macchina non parte e nessuno, allo chalet, è in possesso di cavi della batteria.
“Ci sono”, esordisce il cuoco dello chalet: spingiamo la macchina giù per la discesa.
Così sia fatto. E si accende.
Ok un attimo, salgo a prendere il cane e lo portiamo.
Poi scopro che il suddetto cane dolorante, in realtà è in stanza che se la dorme beatamente, respira, e la zampa è ancora al suo posto. Allarme rientrato, facciamo morire di nuovo la macchina e passiamo una serata piuttosto normale, ovvero tranquilla.
Il giorno dopo ci siamo alzati con un romantico ticchettio di pioggia che è rimasto romantico fino a che non abbiamo realizzato che saremmo rimasti paralizzati per tutto il giorno. Niente lago, niente pic-nic, niente sole.
Presi dallo sconforto, ma risoluti nel voler risolvere il problema dell’auto ci siamo vestiti e abbiamo cercato (rovinosamente) di accendere il bolide. Dopo vari e vani tentativi, abbiamo chiesto soccorso ad un ragazzo che passava di lì che ci ha fornito dei cavi per rianimare la macchina.
Abbiamo raggiunto Trento a fatica, pregando tutti i Santi dato che sembrava proprio che l’auto dovesse morire definitivamente da un momento all’altro.
Dopo una decina di euro spesi parlando con un assistente dell’892424 che ci trovasse un tecnico, aver perso il segnale ennesime volte e porconi a caso urlati terrorizzando i nostri poveri cani, che probabilmente avrebbero preferito un abbandono in autostrada a due padroni come noi, siamo arrivati a Trento da Nuccio l’elettrauto, detto anche il Santo per la sua abilità nel cambiare batterie guaste.
Gli molliamo un centello ma la macchina è come nuova. Problema risolto, torniamo a goderci il lago perché nel frattempo ha smesso di piovere.
Dulcis in fundo, siamo sulla via del ritorno a Tovel, dove ci alleggeriamo dell’adrenalina accumulata e mi rilasso talmente da sentire come un dolorino al dente.
Il dolore aumenta fino a raggiungere livelli inimmaginabili. Prendo un antidolorifico, quello spaccastomaco ma che solitamente funziona, però stavolta svanisce nel giro di un’ora.
Mi metto a letto con la voglia di spaccare tutto e non potendo assumere altri antidolorifici prego Valerio che mi porti un bicchiere di grappa, rimedio della nonna, per anestetizzare la parte dolorante.
Lo rivedo dopo 10 minuti, sgattaiolato via dalle grinfie del proprietario dello Chalet che ci teneva tanto a fargli degustare tutte le grappe che aveva in casa. Con fare alticcio mi porge il bicchiere e io inizio i miei sciacqui altamente alcolici.
Mi addormenterò così, con il grappino sul comodino, l’alito da ubriacona e mezza gengiva corrosa dall’alcool.
Il giorno dopo è già tempo di ripartire. Il tempo vola quando ci si diverte.
Oh, però il posto era da favola.
*se non sei milanese, non sai cos’è la schiscia, forse hai bisogno di una mano: leggi qui
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Manager, Web writer e Travel Blogger.
Il mio blog nasce dalla paura di viaggiare, ve l'ho mai detto?! Ecco cosa posso fare per te
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Ci sono 2 commenti
Nuooo ma ti è capitato di tutto! Ecco cosa significa quando ci si identifica in una lettura. Nel senso che conosco il problema!
A Nuccio l’elettrauto dovresti mandargli un panettone a natale! 😀 E scommetto che in Namibia c’era più campo, vè?
Spero che la cucciola stia bene.
Oh, davvero un posto da favola! 😀
Daniela
La “cucciola” sta molto meglio di me e sì, in Namibia, in mezzo al deserto, ho avuto meno difficoltà di connessione. Il posto è da favola, quello sicuramente ma per quanto riguarda il detox, non ci metterei la mano sul fuoco che equivalga a relax assicurato!
La tua opinione contribuisce alla ricchezza del mio blog!
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