Sono al mio sesto giorno namibiano e già il mio corpo sembra avere dimenticato il ritmo frenetico di città.
Sto scrivendo da dentro il camper, sono neanche le nove e la mia serata pare essersi già conclusa. Fra poco andrò a letto, contando non le pecore, bensì le stelle e anche se voi potreste obiettare che è presto per dormire, non me ne faccio un cruccio.
Qui la sveglia suona un quarto alle sei, talvolta anche prima che l’alba sorga.
Lasciamo gli oblò senza oscuranti e io lo so che ci sveglieremmo anche senza puntare l’allarme, che qui è una sicurezza più che altro. Il nostro ritmo segue quello del sole, la voglia di un bicchiere di latte caldo viene presto per scaldarsi dal gelo che di notte cala nel deserto.
Solitamente ho l’abitudine di alzarmi due o tre volte, di notte, per fare pipì e devo ammettere che qui è dura perché devo arrivare fino ai bagni pubblici con la torcia in mano e gli occhi mezzi chiusi dal sonno. Sì, devo proprio dirla tutta, mi è anche capitato di farla nei cespugli per la paura di incontrare per strada qualche animale della notte.
Le giornate sono abbastanza corte ma in realtà paiono infinite perché piene di attività e di paesaggi sconosciuti da scoprire, che ogni volta lasciano a bocca aperta per la loro immensità.
Verso le quattro e mezza ci inerpichiamo su qualche masso, che sembra stato messo lì per caso, ma invece no, è la natura ad averlo voluto così, e ci godiamo il sole che scende veloce verso l’orizzonte e proprio nel momento in cui sembra avere fretta di salutarci ci ripaga colorando il cielo con mille sfumature che credevo possibili solo grazie ai migliori filtri.
La cena è la parte più divertente e allo stesso tempo impegnativa della giornata, perché la luce è molto poca, a volte addirittura quasi nulla, solo il fuoco ci viene in aiuto.
Lo stesso fuoco che abbiamo acceso per approfittare di una doccia calda fra le rocce.
Cucinare, è portare a termine un’impresa non un granché facile, solo con un fornelletto e qualche pentola in dotazione.
Il pasto lo consumiamo per le sei, quando nel deserto è già calata la notte.
I piatti bisogna lavarli sempre, per non correre il rischio di far avvicinare gli animali. Ringrazio i miei genitori che mi hanno abituato al campeggio, perché qui la vita è un po’ più wild ma neanche così estrema. Ed è qualcosa di profondamente bello, a cui non siamo abituati e che ci farà sbuffare, irrigidire per i primi giorni, continuando a preferire gli agi di un bel lodge in muratura.
Con gli smartphone scarichi e senza connessione alcuna, ci chiederemo perché mai abbiamo scelto un viaggio come questo.
E la risposta arriverà, una volta a casa, quando il mal d’Africa comincerà pian piano a farsi strada dentro di noi.
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Specialist, Travel Blogger e Founder di diquaedila.it
Stefania, nata a Milano, città con la quale ho un rapporto di amore/odio.Ora vivo in Olanda con la mia famiglia!
Da grande vorrei viaggiare e scrivere di viaggi, nel frattempo provo a viaggiare e a scrivere di viaggi. Social Media Manager, Web writer e Travel Blogger.
Il mio blog nasce dalla paura di viaggiare, ve l'ho mai detto?! Ecco cosa posso fare per te
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Ci sono 6 commenti
Che meraviglia.. Deve essere un’esperienza forte, a volte un po’ scomoda, ma intensa. Proprio come piacciono a me
Ciao Marika, sì sicuramente è intensa, non estrema… però può non essere l’ideale per chi è abituato agli agi, in quel caso è meglio scegliere di pernottare nei lodge. Però vuoi mettere, cucinare e berti un bicchiere di vino alzando lo sguardo e vedere la via lattea.
Unico!
Sono d’accordo con tutto quello che è stato scritto, ho provato le stesse sensazioni
Mi fa piacere Gabriella! Davvero incredibile la Namibia!
Proprio il giorno prima di partire mi hanno regalato un orologio… che sfiga la vita!
Però sono davvero posti stupendi…
ahahahaha che scemo!
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